venerdì 20 maggio 2011

Il mio nome è Gustavo (seconda parte)

Era una mia vicina di casa. Aveva più o meno la mia età (scoprii in seguito che aveva due anni in meno di me). Si chiamava Eleonora. Bussò un giorno alla mia porta. Al vedermela lì, rimasi folgorato! Portava un grembiule da cucina, e aveva i capelli un po' arruffati, probabilmente dal calore dei fornelli su cui stava cucinando. I suoi capelli rossi mi colpirono: sembrava quasi un cespuglio! E non lo dico in senso negativo, sia chiaro, anzi! Mi piacevano così "al naturale". Anche il suo volto, un po' sudato dal calore della giornata e della cucina le dava davvero un senso di spontaneità.
Ricordo che la guardai con stupore, senza dire una parola. Non capivo che cosa volesse, e perché avesse bussato alla mia porta. Fu lei ad interrompere il silenzio.
"Posso...posso chiederti un favore?" mi chiese senza guardarmi in faccia, forse per vergogna.
"Sì...sì, dimmi" le risposi.
"Vedi...sto studiando per diventare cuoca...solo che..." cominciò.
"Che?" la esortai.
"Non ho nessuno a cui chiedere di provare ciò che preparo...quindi...mi chiedevo...se...ecco...tu...".
"Io...cosa?" chiesi, continuando a non capire.
"Potresti assaggiare quello che ho preparato?" disse prendendo coraggio, mostrandomi un piatto che teneva in mano, che prima non avevo notato.
"Come?" domandai.
"Non ti va? Non hai fame? Se vuoi te lo lascio, poi mi sai dire...non devi per forza mangiarlo subito".
"Beh...ecco..." cominciai a dire, non sapendo come continuare e come farle sapere che non avrei mai potuto gustare il suo piatto.
"Se non lo vuoi provare non c'è problema..." disse con un tono deluso. "Scusa se ti ho disturbato." Eleonora si voltò e cominciò a tornare verso il suo appartamento.
Non so cosa mi prese in quel momento, però, quasi d'istinto, le urlai: "No, aspetta! Lasciami il piatto, lo assaggerò!"
La ragazza mi guardò raggiante, finalmente negli occhi, mostrandomi uno sguardo davvero caloroso. Mi porse il piatto, diventando tutta rossa, riuscendo a borbottare un "grazie", per poi correre subito in casa sua.
Mi trovai così col piatto in mano, sulla porta di casa mia, con il compito di assaggiare un cibo che non avrei mai potuto gustare. Rientrai, pensando ad un modo per non deludere la ragazza.
Inizialmente mi venne l'idea di chiamare i miei e chiedere a loro di assaggiare il piatto, così da avere un'opinione da riferire. Scartai subito l'idea, però. Mi sembrava ingiusto affidare a qualcun altro una cosa che era stata chiesta a me personalmente.
In un secondo momento pensai di fingere. Di elogiare il piatto, il suo sapore, magari ispirandomi ad internet, da qualche recensione. In fondo non sarebbe stato così difficile inventarsi un giudizio. Dopo poco, però, scartai anche questa possibilità. Se il piatto cucinato non era buono? Avrebbe subito capito che mentivo, dando così una pessima immagine di me.
Arrivai così alla terza ipotesi: dirle la verità, e farle sapere che non avevo il gusto. Così avrebbe capito. A quel punto, però, forse non avrebbe più bussato alla mia porta. In quel momento, infatti, questa idea mi tormentava. Volevo già rivederla, e speravo di poter parlare un'altra volta con lei, magari non più sulla porta, ma seduti.
Sommerso nei miei dubbi, presi una decisione. Pensai che era inutile arrovellarsi in quel modo, così mi dissi che era meglio agire: avrei intanto mangiato il suo piatto. Poi avrei cercato una soluzione.

Continua...

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