domenica 10 ottobre 2010

Cris de haine

"Pour que tout soit consommé, pour que je me sente moins seul, il me restait à souhaiter qu'il y ait beacucoup de spectateurs le jour de mon exécution et qu'ils m'accueillent avec des cris de haine."
Per chi non sapesse il francese, riporto una traduzione: "Perché tutto sia consumato, perché io sia meno solo, mi resta da augurarmi che ci siano molti spettatori il giorno della mia esecuzione e che mi accolgano con grida d'odio."
Questa frase tratta da L'étranger (Lo Straniero) di A. Camus, l'ho sentita e riletta diverse volte mentre lo studiavo in quinta superiore. Più volte mi sono domandato il suo signifivato, e più volte mi sono dato qualche risposta, ma mai credo di aver centrato veramente una spiegazione accettabile.
Il protagonista ha ucciso una persona, in seguito ad una particolare condizione in cui si viene a trovare. Viene arrestato e processato, fino ad essere condannato a morte. La citazione è proprio la conclusione del romanzo, momento in cui il protagonista attende la sua condanna e spera di vedere molta gente che lo accolga con grida di odio.
Perché una persona che ha commesso un omicidio dovrebbe desiderare grida di odio? Perché questo lo farebbe sentire "meno solo"? La cosa mi sembra assolutamente incomprensibile, a primo impatto. In questi giorni, però, mi sono dato una risposta.
Non starò a prendere in considerazione il romanzo e il personaggio del libro. Non mi preoccuperò del motivo per cui ha commesso un omicidio, né del suo sentirsi in colpa o no. Cercherò di allargare lo sguardo per dare una risposta più ampia.
Il protagonista spera di essere odiato. Speranza, a mio avviso, molto facile da soddisfare. E' estremamente facile riversare odio, rabbia e indignazione contro chi ha infranto una legge o contro chi ha ucciso qualcuno. Ci si sente giustificati, rassicurati dal fatto che ci si sta accanendo contro qualcuno che ha commesso qualcosa di orribile.
Facilmente ci si trova a sperare che il colpevole possa anche lui soffrire o, addirittura, morire. Si spera in grandi punizioni, ma non per fargli scontare la colpa, ma perché semplicemente "se lo merita". Ma è davvero giusto tutto questo?
Un assassino commette un atto ignobile, contro la vita e contro l'uomo. Commette un atto d'odio, in grado di portare solo dolore e sofferenza. A questo, il nostro cuore, d'istinto, riesce a rispondere in un solo modo: con altro odio.
Il colpevole viene assunto a capro espiatorio, a simbolo del dolore e della sofferenza, e viene bersagliato senza alcuna pietà. L'odio presente nel cuore di ognuno sgorga, pronto a riversarsi su questa persona, questo singolo, il quale, almeno una volta, avrà sicuramente fatto anche del bene. Singolo che è stato bambino, ha giocato, ha amato e sperato.
Siamo davvero giustificati a poter rispondere all'odio con altro odio? Non diamo forse inizio ad un circolo vizioso, in cui non facciamo altro che sprofondare in una spirale sempre più nera e oscura, senza speranza e via d'uscita?
Il protagonista de L'étranger spera nelle grida di odio. Credo di intuire il perché. Ciò che ha fatto è stato un gesto d'odio e di conseguenza si trova già invischiato in questa terribile spirale. E se è vero che noi cerchiamo sempre ciò che ci assomiglia, allora anche lui cerca proprio l'odio. Odio che lo giustifica, perché consolida la sua colpa.
C'è solo un modo per spezzare questa spirale, questo circolo. Molti, a questo punto, intuiranno già la risposta, e magari penseranno che è una sciocchezza o una banalità o addirittura che non si possa mettere in pratica. Io non credo proprio.
Solo l'amore può spezzare tutto questo. Solo l'amore si oppone all'odio. E' con l'amore che si corregge, che si suscita vergogna nell'altro per ciò che ha fatto. E' con l'amore che si perdona e si cerca pentimento. E' solo con l'amore che si risale la spirale.
Se il condannato venisse accolto, invece che dalle grida d'odio, da gesti d'amore, allora a quel punto, la persona sarebbe davvero sola: sola in una folla. Nessuno sarebbe più simile a lui, e la vergogna, la colpa, la speranza e il desiderio di ricominciare potrebbero davvero nascere.
Come esprimere questo amore? Partendo da un sentimento sincero, espresso dal profondo del cuore, senza indicare, ma compatendo (patendo con), senza giudicare o giustificare, ma correggendo e senza disprezzare, ma capendo.


mercoledì 6 ottobre 2010

Estate, sinonimo di...?

E' dal mio viaggio ad Assisi che non aggiorno questo blog. Ormai si potrebbe pensare che sia lasciato alla deriva, che non mi interessi più a scrivere nuovi post, oppure si potrebbe immaginare che non mi succede più nulla di interessante da documentare. Beh, direi che nessuna di queste possibilità è vera, altrimenti non sarei qui a scrivere.
Siccome sono mesi che non scrivo, stasera ho deciso di prendere la pagina bianca del nuovo post, e mi sono detto che in qualche modo avrei pur dovuto riempirla. Potrei cercare di raccontare qualcosa, magari le vacanze fatte dopo Assisi, oppure altri eventi a cui ho partecipato. Potrei, ma non voglio.
Questa estate è stata qualcosa di davvero particolare. Non ho viaggiato in posti strani e non ho incontrato persone lontane, ma ho vissuto, il più serenamente possibile, lunghi mesi di vacanza, in cui mi sono reso conto di una cosa. L'estate è la stagione dei progetti.
Durante l'anno, tra una cosa e un'altra, i progetti, i desideri e le voglie crescono, si sommano e si accavallano fino ad elimarsi a vicenda. Difficilmente, in mezzo ai frenetici ritmi quotidiani, riusciremo a dedicare buona parte del nostro tempo, delle nostre forze ed energie a qualcosa che vogliamo veramente fare.
L'estate, invece, si apre con tutta la sua bellezza, la sua luce, la sua intensità e le sue possibilità. E' la stagione in cui tutto è in mano nostra: niente e nessuno può organizzare e assorbire tutto il nostro tempo, che, finalmente, è davvero tempo da vivere, e non più, semplicemente, da far trascorrere.
Estate non deve ridursi a sinonimo di semplice riposo. Che senso avrebbe trascorrere un'intera stagione a riposare, senza sfruttare, almeno in minima parte, il tempo a disposizione per realizzare un proprio sogno o desiderio? Chi non ha mai sperimentato l'amara sensazione di arrivare a fine estate e rendersi conto di aver perso tempo, di non aver realizzato alcun progetto e (e questa è la cosa peggiore!) di pentirsi di come si è speso il proprio tempo?
Estate è sinonimo di progetto e possibilità. Ora siamo già in autunno, e anche se cadono le foglie, non è il caso di cadere anche noi con loro. Anzi, possiamo ricominciare, riposati (si spera), proprio da terra, come le foglie, per ripetere anche noi il nostro ciclo, fino a rifiorire in primavera, ed infine dare frutto in estate, proprio quando possiamo gustarceli nel migliore dei modi.
Lancio, quindi, una esortazione a chi legge questo post un po' improvvisato: pentiti o no della vostra estate, non disperate, ma continuate a fare progetti, a pensare e a desiderare, perché se estate è sinonimo di progetto e possibilità, forse, a volte, possiamo immaginare che valga anche il contrario!