sabato 3 aprile 2010

Lui

Quando me lo dissero, non ci credevo. Non ci potevo credere. Era tutto così improbabile, assurdo. Era impossibile. Non potevano convincermi. Non volevo essere testardo, ma realista. Chi avrebbe immaginato il contrario?
Li invidiavo, però. Forse, dentro di me, l'avevo già capito. La loro gioia, il loro sguardo, la loro energia erano rinnovate. Nonostante questo, però, non cambiai idea. Anzi! Lanciai una sfida, così sciocca e infantile, che quasi me ne vergogno. Ma sicuramente legittima. Una scommessa che pensavo di aver già vinto, e che, invece, persi. Per fortuna. Tornò.
Quelle mani. Un po' callose, vissute. Non troppo grandi. Sicuramente un po' meno dello mie, nonostante sia uno dei più giovani. Mani sempre calde, lisce e morbide. Di quelle mani che viene voglia di prendere, stringere e tenere nella propria. Mani forti, sicure, in grado di fare qualunque cosa! Appena le ho viste le ho riconosciute subito.
Ma non solo quelle! Anche il suo corpo era inconfondibile. Non altissimo, nella media. Quelle spalle larghe, robuste, di chi, per anni, ha lavorato duramente e con impegno. Il suo petto, poi, era largo. Volevo gettarmi ad abbracciarlo, ma non ci sono riuscito. Ero ancora fermo a guardarlo.
I miei occhi si erano posati anche sui suoi piedi. Erano quei piedi che tante volte ho guardato, tante volte ho seguito. Quando camminavamo tra la folla, spesso mi capitava di restare tra gli ultimi e di doverlo seguire guardando proprio i suoi piedi. Quei piedi rapidi, decisi, capaci di farlo camminare per ore e davvero ovunque!
Ma la cosa più sorprendente, la parte più bella, era il suo volto. I capelli e la barba creavano una cornice perfetta per quei lineamenti inconfondibili. La bocca quasi sempre spesa in un sorriso sincero. Il naso, un po' a punta, gli dava un aspetto davvero cordiale!
Infine i suoi occhi. Profondi, veri, di un colore inconfondibile. Sembrava di guardarsi allo specchio. Quante volte non sono riuscito a sostenere il suo sguardo, quante volte avrei voluto guardarlo dritto negli occhi, ma non ci sono riuscito per timore. Quante volte, però, è stato lui a venire da me, a guardarmi, a cercarmi, a tendermi quella mano, a sorridermi.
Sì. Mi bastò solo questo per riconoscerlo, ma mi avvicinai lo stesso. Lo abbracciai e toccai comunque quei piedi, quelle mani e il suo petto. Le ferite, lì incise, sembravano sfigurare quel corpo e sembravano metterlo in secondo piano, quasi abbruttendolo. Ma non era affatto così. Se non me l'avesse ripetuto lui, non avrei neanche pensato a ciò che avevo detto solo qualche giorno prima, a quando ho dubitato degli altri che insistevano di averlo rivisto e di aver ricevuto una sua visita. Ora, invece, non avevo più motivo di dubitare e di arrabbiarmi per non esserci stato la volta scorsa. Adesso era qui proprio per me: che fortuna che ho avuto e che onore mi ha fatto! Beato me, che potei rivederlo!
Ho comunque toccato quelle ferite. Devono essere state orribili, ma adesso sono il segno di una grandissima speranza! Le ho toccate, anche se mi era stato sufficiente vederlo, sentire la sua voce, per capire che Lui è davvero risorto!

Buona Pasqua 2010!