Per chi non sapesse il francese, riporto una traduzione: "Perché tutto sia consumato, perché io sia meno solo, mi resta da augurarmi che ci siano molti spettatori il giorno della mia esecuzione e che mi accolgano con grida d'odio."
Questa frase tratta da L'étranger (Lo Straniero) di A. Camus, l'ho sentita e riletta diverse volte mentre lo studiavo in quinta superiore. Più volte mi sono domandato il suo signifivato, e più volte mi sono dato qualche risposta, ma mai credo di aver centrato veramente una spiegazione accettabile.
Il protagonista ha ucciso una persona, in seguito ad una particolare condizione in cui si viene a trovare. Viene arrestato e processato, fino ad essere condannato a morte. La citazione è proprio la conclusione del romanzo, momento in cui il protagonista attende la sua condanna e spera di vedere molta gente che lo accolga con grida di odio.
Perché una persona che ha commesso un omicidio dovrebbe desiderare grida di odio? Perché questo lo farebbe sentire "meno solo"? La cosa mi sembra assolutamente incomprensibile, a primo impatto. In questi giorni, però, mi sono dato una risposta.
Non starò a prendere in considerazione il romanzo e il personaggio del libro. Non mi preoccuperò del motivo per cui ha commesso un omicidio, né del suo sentirsi in colpa o no. Cercherò di allargare lo sguardo per dare una risposta più ampia.
Il protagonista spera di essere odiato. Speranza, a mio avviso, molto facile da soddisfare. E' estremamente facile riversare odio, rabbia e indignazione contro chi ha infranto una legge o contro chi ha ucciso qualcuno. Ci si sente giustificati, rassicurati dal fatto che ci si sta accanendo contro qualcuno che ha commesso qualcosa di orribile.
Facilmente ci si trova a sperare che il colpevole possa anche lui soffrire o, addirittura, morire. Si spera in grandi punizioni, ma non per fargli scontare la colpa, ma perché semplicemente "se lo merita". Ma è davvero giusto tutto questo?
Un assassino commette un atto ignobile, contro la vita e contro l'uomo. Commette un atto d'odio, in grado di portare solo dolore e sofferenza. A questo, il nostro cuore, d'istinto, riesce a rispondere in un solo modo: con altro odio.
Il colpevole viene assunto a capro espiatorio, a simbolo del dolore e della sofferenza, e viene bersagliato senza alcuna pietà. L'odio presente nel cuore di ognuno sgorga, pronto a riversarsi su questa persona, questo singolo, il quale, almeno una volta, avrà sicuramente fatto anche del bene. Singolo che è stato bambino, ha giocato, ha amato e sperato.
Siamo davvero giustificati a poter rispondere all'odio con altro odio? Non diamo forse inizio ad un circolo vizioso, in cui non facciamo altro che sprofondare in una spirale sempre più nera e oscura, senza speranza e via d'uscita?
Il protagonista de L'étranger spera nelle grida di odio. Credo di intuire il perché. Ciò che ha fatto è stato un gesto d'odio e di conseguenza si trova già invischiato in questa terribile spirale. E se è vero che noi cerchiamo sempre ciò che ci assomiglia, allora anche lui cerca proprio l'odio. Odio che lo giustifica, perché consolida la sua colpa.
C'è solo un modo per spezzare questa spirale, questo circolo. Molti, a questo punto, intuiranno già la risposta, e magari penseranno che è una sciocchezza o una banalità o addirittura che non si possa mettere in pratica. Io non credo proprio.
Solo l'amore può spezzare tutto questo. Solo l'amore si oppone all'odio. E' con l'amore che si corregge, che si suscita vergogna nell'altro per ciò che ha fatto. E' con l'amore che si perdona e si cerca pentimento. E' solo con l'amore che si risale la spirale.
Se il condannato venisse accolto, invece che dalle grida d'odio, da gesti d'amore, allora a quel punto, la persona sarebbe davvero sola: sola in una folla. Nessuno sarebbe più simile a lui, e la vergogna, la colpa, la speranza e il desiderio di ricominciare potrebbero davvero nascere.
Come esprimere questo amore? Partendo da un sentimento sincero, espresso dal profondo del cuore, senza indicare, ma compatendo (patendo con), senza giudicare o giustificare, ma correggendo e senza disprezzare, ma capendo.
Questa frase tratta da L'étranger (Lo Straniero) di A. Camus, l'ho sentita e riletta diverse volte mentre lo studiavo in quinta superiore. Più volte mi sono domandato il suo signifivato, e più volte mi sono dato qualche risposta, ma mai credo di aver centrato veramente una spiegazione accettabile.
Il protagonista ha ucciso una persona, in seguito ad una particolare condizione in cui si viene a trovare. Viene arrestato e processato, fino ad essere condannato a morte. La citazione è proprio la conclusione del romanzo, momento in cui il protagonista attende la sua condanna e spera di vedere molta gente che lo accolga con grida di odio.
Perché una persona che ha commesso un omicidio dovrebbe desiderare grida di odio? Perché questo lo farebbe sentire "meno solo"? La cosa mi sembra assolutamente incomprensibile, a primo impatto. In questi giorni, però, mi sono dato una risposta.
Non starò a prendere in considerazione il romanzo e il personaggio del libro. Non mi preoccuperò del motivo per cui ha commesso un omicidio, né del suo sentirsi in colpa o no. Cercherò di allargare lo sguardo per dare una risposta più ampia.
Il protagonista spera di essere odiato. Speranza, a mio avviso, molto facile da soddisfare. E' estremamente facile riversare odio, rabbia e indignazione contro chi ha infranto una legge o contro chi ha ucciso qualcuno. Ci si sente giustificati, rassicurati dal fatto che ci si sta accanendo contro qualcuno che ha commesso qualcosa di orribile.
Facilmente ci si trova a sperare che il colpevole possa anche lui soffrire o, addirittura, morire. Si spera in grandi punizioni, ma non per fargli scontare la colpa, ma perché semplicemente "se lo merita". Ma è davvero giusto tutto questo?
Un assassino commette un atto ignobile, contro la vita e contro l'uomo. Commette un atto d'odio, in grado di portare solo dolore e sofferenza. A questo, il nostro cuore, d'istinto, riesce a rispondere in un solo modo: con altro odio.
Il colpevole viene assunto a capro espiatorio, a simbolo del dolore e della sofferenza, e viene bersagliato senza alcuna pietà. L'odio presente nel cuore di ognuno sgorga, pronto a riversarsi su questa persona, questo singolo, il quale, almeno una volta, avrà sicuramente fatto anche del bene. Singolo che è stato bambino, ha giocato, ha amato e sperato.
Siamo davvero giustificati a poter rispondere all'odio con altro odio? Non diamo forse inizio ad un circolo vizioso, in cui non facciamo altro che sprofondare in una spirale sempre più nera e oscura, senza speranza e via d'uscita?
Il protagonista de L'étranger spera nelle grida di odio. Credo di intuire il perché. Ciò che ha fatto è stato un gesto d'odio e di conseguenza si trova già invischiato in questa terribile spirale. E se è vero che noi cerchiamo sempre ciò che ci assomiglia, allora anche lui cerca proprio l'odio. Odio che lo giustifica, perché consolida la sua colpa.
C'è solo un modo per spezzare questa spirale, questo circolo. Molti, a questo punto, intuiranno già la risposta, e magari penseranno che è una sciocchezza o una banalità o addirittura che non si possa mettere in pratica. Io non credo proprio.
Solo l'amore può spezzare tutto questo. Solo l'amore si oppone all'odio. E' con l'amore che si corregge, che si suscita vergogna nell'altro per ciò che ha fatto. E' con l'amore che si perdona e si cerca pentimento. E' solo con l'amore che si risale la spirale.
Se il condannato venisse accolto, invece che dalle grida d'odio, da gesti d'amore, allora a quel punto, la persona sarebbe davvero sola: sola in una folla. Nessuno sarebbe più simile a lui, e la vergogna, la colpa, la speranza e il desiderio di ricominciare potrebbero davvero nascere.
Come esprimere questo amore? Partendo da un sentimento sincero, espresso dal profondo del cuore, senza indicare, ma compatendo (patendo con), senza giudicare o giustificare, ma correggendo e senza disprezzare, ma capendo.
2 commenti:
Se sul patibolo, quella persona ricevesse gesti d'amore e perdono sinceri, io penso che non si sentirebbe sola; forse ne sarebbe stupita, e poi commossa... io piangerei, mi sentirei al medesimo tempo un miserabile, ma - sapendo che quelli sono gli ultimi momenti della mia vita - percepirei in quell'amore impensabile e impensato, il presagio di una possibilità di salvezza... penso che piangerei sapendo che se è possibile essere amati e perdonati in un momento simile, allora quell'amore può tutto, anche darmi la speranza di una pace che forse fino a quel momento non avevo creduto possibile. Forse a quel punto penserei: "Signore, quel che ho fatto è certo terribile, ma se è possibile un amore come questo, abbi pietà di me e accoglimi con te".
Penso che si sentirebbe sola, nel senso che si sentirebbe diversa dagli altri. Si sentirebbe l'unica persona ad aver commesso tale colpa, e per questo si sentirebbe "diversa" o "emarginata". Questo, ovviamente, in un primo momento. Poi sono pienamente d'accordo con te: penso anche io che percependo un amore tale, comincerebbe a sperare in una salvezza.
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